Obama, storica visita a Cuba

U.S. President Barack Obama and Cuban President Raul Castro gesture after a news conference as part of President Obama's three-day visit to Cuba, in Havana March 21, 2016. REUTERS/Carlos Barria - RTSBJ7Z

L’AVANA

La vera rivoluzione è questa, non quella del 1° gennaio del 1959, quando Fidel Castro prese il potere defenestrando Fulgencio Batista, la vera rivoluzione è l’arrivo del presidente americano Barack Obama questa sera a Cuba per una visita di stato.

C’è il prima e c’è il dopo: ci sono delle visite che segnano una svolta epocale nel momento in cui avvengono, quando Richard Nixon arrivò in Cina nel 1972 per stringere la mano a Mao o quando abbiamo visto Ronald Reagan passeggiare per la Piazza Rossa nel 1988 con Michail Gorbaciov. Furono momenti che cambiarono il mondo. Ora, alcuni decenni dopo, tocca a Cuba. Era l’ultimo baluardo della guerra Fredda, e anche se la svolta l’abbiamo già avuta con lo scambio di relazioni diplomatiche e con l’alza bandiera all’ambasciata americana all’Avana l’anno scorso, sarà l’arrivo di Obama, le sue passeggiate per strada, il suo intervento allo stadio, il suo incontro domani mattina con il presidente Raul Castro, i suoi dialoghi con uomini d’affari cubani e americani e portare la vera rivoluzione. Sarà dopo la sua visita che nulla sarà davvero come prima fra Cuba e Stati Uniti, sotto ogni punto di vista, politico, sociale, economico, geopolitico.

È vero che Cuba, un’isola dei Caraibi con 11 milioni di abitanti, non è la Cina o la Russia. Ma Cuba è dietro l’angolo, è a poco più di cento chilometri dallo stretto della Florida. Sul piano simbolico il valore è immenso per la sua proiezione storica ed emotiva. Già in queste ore ad esempio nella corsa elettorale, ma anche in Congresso, i repubblicani contrari all’apertura di Obama sono scatenati e all’attacco. Promettono nuova durezza se andranno alla Casa Bianca, con le sopracciglia di Donald Trump ancora più minacciose del normale. Eppure non si tornerà indietro.

A partire dai prossimi giorni ci renderemo conto che la visita di Obama cambierà non solo gli orizzonti cubani, ma quelli geopolitici in tutto il Sudamerica. Per gli americani si tratterà di rivedere un filmino in bianco e nero perché Cuba è la Baia dei porci e la crisi missilistica all’apice della Guerra Fredda negli anni di Kennedy, è l’epopea di una mafia che non esiste più. È la storia, in Florida in particolare di una immigrazione nostalgica che ha cercato di riprendere il paese dal comunismo con personaggi improbabili come Muscolito, al secolo Eugenio Martinez, che fu indotto con altri a rubare documenti al Watergate per aiutare la causa controrivoluzionaria cubana. Episodio che costò l’impeachment a Richard Nixon. Ma anche in America, anche a Miami a Little Habana tutto è già cambiato. I cubani americani sono ormai soprattutto americani.

Sul piano economico si andrà verso la normalizzazione. Obama fra mille polemiche abolirà presto l’embargo. Martedi scorso ha già cambiato le leggi sul lavoro consentendo a lavoratori cubani di avere visti normali in America. E questo avrà un impatto soprattutto per i bravissimi giocatori di baseball cubani, che dovevano scappare per entrare nelle squadre americane. La Western Union ha già aperto decine di presenze per il trasferimento di danaro. La Att porterà tecnologia per le comunicazioni. Ma ci saranno investimenti nel turismo, nell’immobiliare, nel settore del design o in settori di industria leggera.

Cuba vuol dire influenza geopolitica nel continente sudamericano: i vecchi rapporti speciali con il Venezuela di Hugo Chavez, con la Bolivia di Evo Morales, l’Ecuador di Rafael Correa o il Nicaragua di Daniel Ortega tenevano alto il vessillo antiamericano e rivoluzionario con forti destabilizzazioni politiche ed economiche. Dopo la stretta di mano di questa mattina fra Barack Obama e Raul Castro, dopo il loro incontro, dopo la visita, attesa ma non confermata, con Fidel, la storia cambierà anche per tutto il Centro e Sud America.

(da IL SOLE 24ORE del 20/3/2016)

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